Deriva sovranista o deriva liberticida?

Milano, 12 novembre 2020 – L’Associazione Culturale Lealtà Azione intende portare la propria solidarietà a chi ha subito la vergognosa condanna per avere commemorato il 29 aprile scorso Carlo Borsani, Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi nelle modalità che la sensibilità umana e culturale degli stessi ha ritenuto opportuno ricordare persone uccise proprio perché di quelle gestualità avevano fatto la loro ragione di vita. Pur non colpendo dei nostri militanti (come erroneamente riportato da esponenti politici progressisti troppo gaudenti per trovare il tempo di leggere la sentenza) l’Associazione denuncia una vera e propria deriva giudiziaria liberticida. Deriva che già in passato è stata provata sulle persone dei propri militanti, che oggi ha colpito membri di altra associazione ma che domani potrà continuare a silenziare chiunque non si esprima secondo i diktat del politicamente corretto. Deriva che consiste in una delegittimazione delle persone, come dimostra la vicenda giudiziaria dell’archiviazione dell’accusa di diffamazione a carico di Pietro Bussolati (sempre da parte del Tribunale di Milano e nello specifico dal GIP Carlo Ottone De Marchi) ai danni di Stefano Pavesi (consigliere municipale leghista ed nostro esponente) definito falsamente all’esponente del PD “famoso per avere lanciato sassi contro un campo rom il giorno della Liberazione.

 

Di motivazioni politiche e non giuridiche è intrisa la stessa sentenza del Giudice per l’Udienza Preliminare Manuela Cannavale che parla letteralmente di “esigenze di tutela delle istituzioni democratiche” da una “deriva sovranista”. Un’interpretazione che si pone in contrasto con quanto stabilito negli anni ‘50 dalla Corte Costituzionale in tema di apologia del fascismo quanto al bilanciamento della configurabilità del reato con il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero sancito dall’art. 21 della Costituzione. Questi principi portarono in passato la Corte di Cassazione a giudicare penalmente irrilevanti fattispecie analoghe a quella per la quale gli imputati sono stati condannati.

 

In un periodo storico in cui l’imminente approvazione di normative come il DDL Zan aggraverebbe ancora di più il ricorso alla repressione penale per finalità ideologica, l’Associazione Culturale Lealtà Azione continuerà a battersi contro i reati d’opinione e la censura della idee, veri e propri prodromi di situazioni che rischiano di porre in pericolo la stessa convivenza civile.

 

Ufficio Stampa Ass. Cult. Lealtà Azione